È sempre bene iniziare la nostra newsletter con un piccolo resoconto della vostra serata, direttamente dalla piccola cimice che ho installato in salotto (si scherza, ovviamente).
Ecco dunque che, risolto il problema del lavandino otturato decidiamo finalmente di sederci sul divano e rilassarci, ce lo meritiamo! Decidiamo allora di tirare fuori tutti gli attrezzi necessari, sistemarli sul tavolino e ingerire una dose di una sostanza che ogni anno in Italia concorre a provocare circa 17mila decessi. Fermi, fermi fermi, che idea vi siete fatti? Ero ovviamente provocatorio, vi state solamente facendo un bicchiere di vino!
Ho quindi detto una stupidata? Andiamo a scoprirlo insieme.
Il cielo (rosso) d’Iralnda
È notizia recente che in Irlanda è passata una legge che obbliga, entro i prossimi tre anni, tutti i produttori di bevande alcoliche ad inserire sull’etichetta le informazioni riguardanti i possibili effetti nocivi derivanti dall’assunzione di alcool.
Subito in Italia si è alzato un polverone! D’altronde l’economia che gira intorno al vino è veramente imponente, soprattutto per alcune Regioni, e la paura, è vedere le vendite crollare in maniera vertiginosa se questa tendenza dovesse poi espandersi al resto d’Europa.
Come al solito i timori si sono scontrati poi con il sentimento popolare, soprattutto in Italia dove il vino è un compagno di vita da tempo immemore.
A pranzo, a cena, ad aperitivo, alle feste, ai rinfreschi… innumerevoli sono le occasioni che possiamo contare in cui ci capita di prendere in mano un bicchiere di vino ad accompagnarci all’evento. E’ quindi mai possibile che questo si tramuti in una pericolosissima occasione di avvicinamento alla morte, “visto che si è sempre fatto?”
P.S. questa frase è stata inserita apposta per ricordarvi che combatto una personale battaglia contro il “si è sempre fatto così” calato dall’alto come se fosse l’unica prova scientifica di cui abbiamo bisogno. Comprendere i fenomeni indipendentemente dall’uso comune ci permette di capire che magari facendo come si è sempre fatto non si sbaglia ma facendo in modo diverso si possono fare le cose in modo un po’ più giusto. D’altronde lo sappiamo, gli assoluti non esistono e la conoscenza procede per passi.
Al bar da MOE si danno i numeri
Finora ho scritto vino e alcool come se fossero sinonimi, anche se ovviamente non è così. Il vino si prende spesso il palcoscenico perché, come detto, sia dal punto di vista economico che sociale, risulta la bevanda alcolica più “pregnante” nella nostra vita.
Ma quindi “di cosa parliamo quando parliamo di alcool”? Dobbiamo innanzitutto introdurre il concetto di unità alcolica (UA): una UA è la quantità di bevanda che contiene 12mg di etanolo. È la quantità di alcool presente in una lattina (330ml) di birra, in un bicchiere (125ml) di vino rosso e in un bicchierino (40ml) di superalcolico, tutti presi ad una gradazione media del prodotto.
È tanto? È poco? Diciamo che a noi non interessa, mentre interessa di più la sua applicazione in ambito medico.
Definiamo infatti consumo moderato un consumo che non superi 2 UA negli uomini e 1 UA nelle donne mentre definiamo forte bevitore una persona che, negli ultimi 30 giorni, abbia assunto abitualmente 3+ UA se uomo o 2+ UA se donna.
Il problema principale legato all’alcol, sia in termini di salute individuale che in termini di salute pubblica, riguarda però la correlazione tra alcool e tumori. L’alcool infatti è inserito nel Gruppo 1 delle sostanze cancerogene dalla IARC, costola dell’ONU specializzata nello studio della cancerogenicità delle sostanze.
Chi mi segue anche su Instagram saprà che di questo ci stiamo occupando in relazione all’aspartame, tuttavia facciamo un rapido ripasso pure qui: una sostanza inserita dalla IARC nel gruppo 1 è una sostanza la cui cancerogenicità per l’uomo è comprovata. La metodologia della IARC inoltre prevede (e a volte questo è un limite) che la sostanza venga valutata indipendentemente dalla dose. Quello che si scopre dalle evidenze è che l’alcool è cancerogeno per qualsiasi quantità ingerita.
Questo avviene perché la digestione dell’alcol è un processo molto stressante per il nostro fegato: infatti in un’ora siamo in grado di smaltire, di media, circa 8mg di alcool, quantità sopra la quale il nostro fegato inizia a stressarsi. Lo stress a cui è sottoposto l’organo è uno degli eventi che può portare ad un aumento dell’infiammazione, viatico per ll sviluppo della cirrosi e quindi del tumore al fegato.
Probabilmente con questo paragrafo vi ho allarmato, ma leggete fino alla fine, non disperate.
Anche dal punto di vista della popolazione le cose non sembrano essere migliori: solo nel 2016 in Italia (andando oltre il dato delle 17mila morti di prima), le morti talmente alcol attribuibili sono state più di 1000, alle quali vanno aggiunte poi quelle in cui l’alcool è uno dei fattori promuoventi direttamente (pensando a tutte quelle patologie cardiovascolari in cui l’alcool agisce in concerto con fumo e obesità, per esempio) o indirettamente (i tristemente noti incidenti stradali).
Vanno poi inseriti nel conto anche tutti i danni derivanti dall’alcol che non portano direttamente ad un decesso ma ad un danno economico per la società: non devono infatti essere esclusi dal conto i giorni di lavoro persi per cause alcol-correlate o i danni permanenti che le persone possono subire a causa di eventi, come proprio gli incidenti stradali, dovuti all’assunzione di bevande alcoliche.
Il Paradosso Francese
Ecco quindi che in Francia è stata proposta l’associazione positiva tra questo e il consumo di vino rosso. Aggiungendo l’analisi chimica del vino rosso stesso, che contiene diverse sostanze positive quali antiossidanti e vitamine, ecco che abbiamo costruito per bene la leggende che bere un bicchiere di vino rosso non solo non sia dannoso ma faccia bene.
Già parlando di dieta Mediterranea avevamo introdotto questo modus operandi. Negli Stati Uniti hanno osservato come i paesi del Mediterraneo (in questo caso la Francia) avessero una incidenza minore di malattie cardiovascolari nonostante nella dieta fossero presenti un maggior introito di grassi insaturi, notoriamente dannosi.
Questa però si basa su due assunti molto deboli: il primo è che lo studio francese è uno studio molto superificale che non prende in considerazione aspetti dello stile di vita delle persone diversi dall’assunzione di vino rosso quali benessere economico e stato di salute precedente. Il secondo invece si dimentica di citare che, per raggiungere la quantità di sostanza che abbia un effetto benefico degli eccipienti positivi bisognerebbe assumere una quantità di alcool tale per cui i problemi supererebbero di gran lunga i guadagni.
Cosa ci insegna questa storia?
Lo scenario è chiaro, bevendo un bicchiere di vino sicuramente mi verrà il cancro. NO!
Fermiamoci tutti e pensiamo razionalmente: quello che abbiamo imparato oggi, e che imparo ogni volta di nuovo anche io quando mi metto a scrivere, è che il rischio esiste. Possiamo ignorarlo ma c’è. E noi dobbiamo fare in modo di minimizzarlo.
Ecco quindi che dobbiamo essere consapevoli che assumendo alcolici stiamo mettendo in difficoltà il nostro corpo, così come lo è fumare una sigaretta, così come lo è mangiare del salume (sì anche quello).
Quanto tempo ci metterà questo processo? Non lo sappiamo, non sappiamo nemmeno se arriverà a termine davvero, difatti non tutti muoiono di tumore al fegato.
Non possiamo permetterci di fare stime di cui non possiamo dare il risultato (di nuovo, diffidate di chi ha la risposta pronta).
Conoscere il rischio ci aiuta a selezionarlo, ci aiuta ad essere consapevoli delle nostre azioni e ci aiuta a mettere in pratica gli strumenti che noi decidiamo di mettere in atto in base a quanto noi pensiamo di rendere accettabile il rischio.
Rimanendo aggiornati, sempre!
Alla prossima :)
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