La prevenzione è uno strumento cruciale per migliorare l’aspettativa e la qualità di vita delle persone. Non è un caso che la maggiore attenzione riservata a questo particolare aspetto della salute umana sia associata con l’impennata dell’aspettativa di vita che si è avuto nel secolo passato.
Un aspetto collaterale da considera però è che gli uomini tendono a trascurare i controlli regolari per una varietà di ragioni che spaziano da fattori storici e culturali a barriere psicologiche e sociali. Questa tendenza è particolarmente evidente in ambiti come la salute sessuale, le patologie prostatiche e i disturbi mentali, specialmente la depressione.
Ma come è possibile questa cosa e, soprattutto, come si associa al sesso maschile? Andiamo a scoprirlo insieme.
Contesto storico e culturale
L'abitudine a ignorare la prevenzione maschile ha radici profonde nella storia e nella cultura. In molte società, l'idea di "mascolinità" è stata associata alla forza, alla resistenza e alla capacità di superare le difficoltà senza chiedere aiuto. Questo stereotipo ha spinto gli uomini a considerare la prevenzione e l’attenzione alla salute come comportamenti in contrasto con la loro identità.
Gli uomini spesso associano il concetto di virilità all’autosufficienza fisica ed emotiva. Rivolgersi a un medico per problemi sessuali o prostatici può essere percepito come un’ammissione di debolezza, creando una forte resistenza psicologica. Questa dinamica è particolarmente visibile in Italia, dove tradizioni legate al ruolo maschile dominante accentuano questa percezione.
Ad esempio, nei secoli scorsi, la medicina era spesso percepita come dominio femminile: i controlli medici riguardavano prevalentemente le donne, specialmente in relazione alla maternità e alla salute riproduttiva. Questo ha contribuito a creare un divario nella percezione dell’importanza della salute tra i due generi, un retaggio che si riflette ancora oggi nei tassi di adesione agli screening preventivi.
Fattori sociali e psicologici
Le barriere alla prevenzione maschile non sono solo culturali, ma anche psicologiche e sociali. Molti uomini hanno una percezione distorta del rischio sanitario, sottovalutando la probabilità di sviluppare malattie gravi. Questa sottovalutazione può essere attribuita alla mancanza di educazione sanitaria e alla tendenza a focalizzarsi sui sintomi fisici piuttosto che su quelli preventivi. È’ comune il pensiero “perchè dovrei andare dal medico se non sto male?”. Come vedremo, è un approccio pericoloso.
Inoltre, gli uomini spesso non hanno un sistema di supporto paragonabile a quello delle donne. Le donne, infatti, tendono a condividere più facilmente i loro problemi di salute con familiari e amici, mentre gli uomini si isolano di fronte a difficoltà, aggravando il problema.
Numeri e statistiche sulla prevenzione in Italia
Secondo recenti dati, in Italia meno del 30% degli uomini si sottopone regolarmente a visite di prevenzione per patologie prostatiche, nonostante l'iperplasia prostatica benigna e il tumore alla prostata siano le problematiche più diffuse tra la popolazione maschile dopo i 50 anni. Inoltre, solo il 20% degli uomini tra i 40 e i 60 anni consulta regolarmente un urologo, nonostante sia il momento critico per una diagnosi precoce di tumori o disfunzioni sessuali.
Per quanto riguarda la depressione, il Ministero della Salute riporta che il tasso di diagnosi negli uomini è inferiore del 30% rispetto alle donne, ma gli uomini rappresentano il 70% dei casi di suicidio. Questo squilibrio suggerisce una sottovalutazione della salute mentale maschile e un ridotto accesso ai servizi di supporto psicologico.
Entriamo ora un po’ più nel dettaglio.
La prevenzione per patologie sessuali
Patologie come la disfunzione erettile o le infezioni sessualmente trasmissibili (IST) richiedono uno sforzo attivo di prevenzione.
Meno del 15% degli uomini in Italia utilizza regolarmente contraccettivi di barriera come i preservativi, essenziali per prevenire le IST. Inoltre, molti uomini evitano test specifici per paura di stigmatizzazione sociale o giudizi morali, specialmente nelle fasce di età più avanzate.
Un altro esempio è la disfunzione erettile viene spesso ignorata o sottovalutata, nonostante sia un indicatore precoce di problemi cardiovascolari. La paura di compromettere l'immagine di “maschio forte” porta molti uomini a evitare l'aiuto medico, rimandando interventi che potrebbero prevenire complicazioni future.
Le malattie della prostata, tra cui l’ipertrofia prostatica benigna (IPB) e il carcinoma prostatico, rappresentano una delle principali cause di morbilità tra gli uomini, soprattutto con l’avanzare dell’età.
Il tumore alla prostata è il tumore maschile più diffuso, con un’incidenza che aumenta di molto dopo i 50 anni. Tuttavia, la maggior parte degli uomini si rivolge a uno specialista solo in presenza di sintomi avanzati, come bruciore o frequente necessità di urinare. Le statistiche mostrano che il 50% dei casi viene diagnosticato in stadi avanzati, riducendo significativamente le possibilità di cura.
L’iperplasia prostatica benigna, che colpisce il 10% degli uomini tra i 40 e i 50 anni e fino all’80% dopo i 70 anni, può essere gestita efficacemente con controlli regolari. Sottovalutarla invece porta ad esiti più infausti.
Uno dei motivi principali è la percezione di invasività associata a questi controlli. L'esame rettale, in particolare, è spesso evitato per motivi culturali, poiché considerato imbarazzante o, in alcuni casi, percepito erroneamente come una minaccia alla mascolinità. Questo atteggiamento porta molti uomini a posticipare i controlli fino a quando i sintomi non diventano gravi, riducendo le possibilità di diagnosi precoce.
Inoltre, la disinformazione gioca un ruolo chiave. Molti uomini non sono consapevoli dell’importanza di monitorare la salute della prostata già a partire dai 40-50 anni, soprattutto se hanno una storia familiare di tumori prostatici. Campagne mirate per aumentare la consapevolezza e ridurre il tabù culturale associato a questi controlli sono fondamentali per invertire questa tendenza
La depressione
Com’è abbiamo visto sopra, gli uomini tendono a sottostimare questa patologia. Dobbiamo precisare che la depressione, e le malattie psichiatriche in generale, godono di una “cattiva reputazione” e di uno stigma sociale trasversale, che porta a sottovalutarla sia negli uomini che nelle donne. Nel primo caso però, in modo maggiore.
Negli uomini, i sintomi tendono a essere mascherati da comportamenti esternalizzanti, come irritabilità, rabbia, abuso di alcol e sostanze. Questi comportamenti rendono più difficile la diagnosi e il trattamento tempestivo.
Molti uomini evitano di cercare aiuto per la depressione perché temono di essere percepiti come deboli. Questo atteggiamento è profondamente radicato nelle norme di genere tradizionali, che incoraggiano gli uomini a essere autosufficienti e a nascondere le emozioni. Inoltre, molti medici non riconoscono i sintomi della depressione maschile, confondendoli con disturbi fisici come mal di testa cronico, disturbi gastrointestinali o dolori muscolari (questo anche nel sesso femminile, spesso).
Le conseguenze di questa sottovalutazione sono gravi: gli uomini hanno un tasso di suicidio quattro volte superiore a quello delle donne. La mancata prevenzione e diagnosi precoce della depressione contribuisce in modo significativo a questa tragica statistica. Interventi mirati, come campagne di sensibilizzazione e formazione per i medici, possono aiutare a colmare questo gap.
Conclusioni
Ho colto l’occasione di Movember per evidenziare un concetto fondamentale: una persona malata non è la malattia. È’ l’insieme dei suoi vissuti personali, dell’ambiente in cui è cresciuto, perfino dei luoghi in cui è cresciuto.
Anni e anni di educazione e insegnamenti possono portarci a vivere in maniera differente medesime situazioni. Può essere l’educazione, il vissuto ma anche, oggi abbiamo scoperto, il nostro sesso biologico.
Per questo, senza paura, dovresti, dovremmo tutti, informarci e conoscere quali siano le migliori disponibilità terapeutiche a nostra disposizione.
Alla prossima!
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